Con l’avvento del digitale, i confini tra vita lavorativa e privata sono diventati sempre più sottili. Con la pandemia da Covid-19 la maggior parte della popolazione si è trovata a lavorare da remoto, con la sensazione che i confini non esistessero più. Il lavoro ha invaso gli spazi familiari, sia fisicamente (con computer sparsi per la casa, salotti trasformati in uffici, cucine con postazioni di lavoro, ecc.) che emotivamente: la mente era costantemente concentrata sul lavoro.
È in questo contesto che si è cominciato a parlare di “detox digitale”, il bisogno di disintossicarsi dal digitale e, di conseguenza, dal lavoro, poiché le due cose erano ormai strettamente legate.
Conseguentemente, le aziende si sono adattate a questa trasformazione, adottando misure volte a sostenere il benessere dei lavoratori. Questo cambiamento è stato fondamentale per creare un ambiente lavorativo più sano e produttivo.
Nell’attuale contesto, il concetto di work-life balance (equilibrio tra lavoro e vita privata) è diventato cruciale. Si tratta di uno dei problemi principali affrontati dalle società modernizzate contemporanee. Trovare un equilibrio tra l’occupazione remunerata e la sfera della “vita privata” coinvolge una serie di aspetti: familiari, sociali, di piacere, ma anche doveri e necessità quotidiane, come fare la spesa, accompagnare i figli a scuola o portare l’auto dal meccanico.
In questo quinto episodio di “Professionisti - dentro la grande trasformazione”, con Emanuela Rinaldi, sociologa e professore associato presso l’Università degli studi di Milano Bicocca, e i suoi ospiti, esploreremo il percorso di trasformazione delle modalità di lavoro e di come le aziende si stanno adeguando.
