PNRR consulenti ambientali
Compliance30 novembre, 2021

PNRR e il ruolo dei consulenti ambientali

Dalla presentazione delle prime Linee guida per la definizione del “PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, avvenuta il 15 settembre 2020, l’interesse e il ruolo del Piano è cresciuto sino a riempire le pagine di giornali e riviste: dalla riforma della giustizia alla digitalizzazione, dall’istruzione alla salute, non si è fatto altro che parlare di ripresa e di resilienza.

Cos’è il PNRR?

Una definizione del PNRR potrebbe partire dagli obiettivi enunciati dalla Commissione Europea nel formulare la proposta di regolamento per “Next Generation EU”, strumento temporaneo da 750 miliardi di euro pensato per stimolare una “ripresa sostenibile, uniforme, inclusiva ed equa”, volta a garantire la possibilità di fare fronte a esigenze impreviste, per stimolare l’economia mai finanziato dall’UE.

Il PNRR si presenta dunque come un programma di riforma e politica economica che contribuirà al raggiungimento di obiettivi quantitativi di lungo termine. Il programma è costruito intorno a tre linee strategiche:

  • Modernizzazione del Paese;
  • Transizione ecologica;
  • Inclusione sociale e territoriale;
  • Parità di genere.

In questo articolo Andrea Quaranta, auditor ambientale ed Environmental Risk and crisis manager, evidenzia come il ruolo dei consulenti ambientali stia diventando sempre più centrale per raggiungere gli obiettivi ambientali, digitali e di sostenibilità posti dal PNRR. Ecco perché e come le aziende possono trarne vantaggio.

Il PNRR e le riforme: sullo sfondo, la transizione ecologica

L’ambiente – sempre sullo sfondo, “grazie” alla sua trasversalità – rientra a pieno titolo fra i temi caldi del Piano, che parla di “rivoluzione verde” e “transizione ecologica”.

Economia circolare e sostenibilità – per citare soltanto due dei più importanti termini che caratterizzano il PNRR – costituiscono l’asse portante di tutte le riforme: non riguardano soltanto l’aspetto bucolico, ma connotano tutte le sostenibilità.

Quella ambientale, certo, ma anche quella sociale, amministrativa, civile, sanitaria, economica.

L’ambiente, in definitiva, costituisce il tessuto connettivo senza il quale non è possibile ipotizzare né la resilienza, né tantomeno la ripresa.

La gestione dell’ambiente e i “consulenti ambientali 4.0”

L’ambiente, e tutto quello che gli ruota attorno, va naturalmente gestito. Per farlo ci sono molte figure professionali, da quelle manageriali a quelle di controllo, passando per quelle legate agli aspetti tecnici, giuridici, di comunicazione.

Per rendersene conto basta effettuare una rapida ricerca sul web: spesso ci si imbatte in brevi articoli in cui si parla dei “100 lavori del futuro”, quasi tutti legati alla green economy, “dalla A dell’account esperto in marketing ambientale alla Z dello zoonomo sostenibile”.

Si tratta, per lo più, di sintetiche elencazioni di mestieri che spesso, nella realtà di tutti i giorni, si tende a riassumere con il concetto di “consulenza ambientale”, un termine molto generico che non è in grado di far comprendere appieno – a volte neanche agli addetti ai lavori – di che cosa stiamo parlando.

Basta digitare la stringa “consulenza ambientale” su un qualsiasi motore di ricerca (non solo) specialistico e subito compaiono centinaia di risultati eterogenei: dagli agenti agli ingegneri, dai chimici ai tecnici ambientali, dai giuristi ai biologi, passando per le svariate figure di “consultant”.

I consulenti ambientali – nelle loro molteplici sfaccettature – rappresentavano, già prima dell’avvento del PNRR, una risorsa immensa, non solo per le aziende, ma per la società nel suo complesso.

Ora, con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza giocheranno un ruolo ancora più importante.

Il ruolo dei consulenti ambientali

Come?
Attraverso la valorizzazione delle professioni che già esistono: i consulenti ambientali già operano nel mercato del lavoro, ma per motivi economico-culturali non sono mai stati messi nelle condizioni di lavorare in modo efficace.

Valorizzazione – oltre al dato economico – significa anche permettere alle diverse professionalità di poter lavorare, sinergicamente, in un ambiente multidisciplinare. E ciò vale sia per i consulenti esterni che per i manager, e per tutti coloro che ricoprono ruoli di responsabilità all’interno delle imprese.

Il lavoro dei green manager, infatti, deve essere implementato: il responsabile del sistema di gestione (che sia, o meno, certificato), che ha il compito di tradurre in procedure le direttive dell’alta direzione, deve circondarsi di una serie di figure operative, ognuna delle quali può fornire una peculiare forma di consulenza ambientale, in funzione delle specifiche caratteristiche dell’azienda nella quale opera, e delle circostanze di fatto e/o progettuali nelle quali si trova.

Consulenza giuridica, innanzitutto: la compliance normativa è alla base di ogni scelta aziendale.

Consulenza tecnica: nella preparazione di un progetto, di un’istanza, di un ricorso – questi sono solo alcuni degli esempi che si possono fare – occorre l’aiuto di uno specialista tecnico (un ingegnere, un chimico, un biologo, …) in grado di tradurre in pratica gli obblighi di legge, di ideare nuovi processi più efficienti, di spiegare (e contestualizzare) al giurista il dato tecnico, accanto a quello giuridico, per poter tradurre in “giuridichese” gli aspetti tecnici, contribuendo anche per questa via alla contaminazione professionale tipica di chi opera nel settore ambientale.

Ma non solo: anche nella fase operativa occorre qualcuno che si occupi della gestione.

E così, accanto ai manager strategici (fra i quali l’HSE manager), ci sono i manager operativi, come il responsabile tecnico della gestione dei rifiuti, l’energy manager, il mobility manager e altre figure operative – in stretto contatto con i vertici, per fornire informazioni utili a prendere decisioni ponderate – che hanno a che fare con il mondo della ricerca, dell’assicurazione, della comunicazione, della logistica, del design e del ciclo di vita dei prodotti.

Uno per tutti, tutti per uno

Tutti i green jobs – quelli nuovi, quelli rivisitati e quelli che ancora non esistono – sono connotati da una spiccata multidisciplinarietà e da una forte carica di innovazione, elementi in grado:

  • non solo di aprire nuovi scenari e di far fronte ai cambiamenti del mercato,
  • ma anche di dare impulso alla riconversione di professioni tradizionali, al fine di consentire al sistema organizzativo nel suo complesso, di essere sostenibile, resiliente.

In definitiva, questa nuova generazione di professionisti deve acquisire la capacità di lavorare spesso in sinergia in sistemi e situazioni complesse e multi-sfaccettate, nei quali gli obiettivi di profittabilità viaggiano di pari passo con quelli di sostenibilità, nel senso che devono saper inventarsi strategie sostenibili & profittevoli dal punto di vista del business.

I consulenti ambientali, oggi più che mai, nell’implementazione del PNRR, devono – insieme e in modo organico – fare questo: implementare le molteplici sostenibilità fornendo risposte puntuali ai problemi, ancor prima che questi si presentino.

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