Il contributo di seguito è scritto da Sara Occhipinti, avvocato del foro di Firenze e autrice di numerosi contributi pubblicati su Altalex.com, il portale Wolters Kluwer dedicato all'informazione quotidiana per i professionisti del diritto.
Il rapporto con il cliente è il centro di gravità di ogni attività professionale. Lo studio del professionista cresce in proporzione al numero e/o all’importanza dei propri clienti. Per questo il professionista non risparmia tempo, soldi e preoccupazioni per la fase di ricerca della propria clientela, ed investe volentieri nello sviluppo di nuove competenze capaci di attrarre nuovi settori di mercato.
I professionisti all’esordio della propria attività passano di frequente molti quarti d’orologio in conversazioni lunghe, e in genere non necessarie con il cliente. Passato il momento di avvio dell’attività professionale, succede però che il “tempo per il cliente” diminuisca in proporzione all’aumento della mole di attività da sbrigare nello studio. Al netto dei momenti topici del rapporto (iniziale, conclusivo e patologico), il professionista affermato finisce per delegare quasi del tutto la comunicazione con il cliente a praticanti o segretarie.
Capita anche che nella frenesia quotidiana del lavoro, qualche rapporto di fiducia si incrini, senza che neppure ci se ne accorga, se non al momento in cui il cliente viene a richiedere il proprio fascicolo o ad interrompere l’incarico, o peggio ancora quando, dopo qualche tempo di silenzio, incontriamo il cliente felicemente affidato alla cura di un altro professionista.
Se è vero che lo studio del professionista cresce con il numero degli incarichi ricevuti, non possiamo allora dimenticare che la sua forza si consolida solo se alle doti di “caccia al cliente” e alle indispensabili competenze professionali si aggiungono anche quelle capacità umane di costruire relazioni di fiducia. Che sia attraverso la fidelizzazione di pochi clienti, che producono grande mole di lavoro, oppure per la capacità attrattiva del professionista esercitata su una clientela numerosa ed eterogenea, la solidità di uno studio è data dalla cura della relazione professionista/cliente.
Eppure, mentre per l’organizzazione del lavoro e per lo sviluppo delle competenze professionali, ogni esperto ritiene indispensabile studiare ed acquisire un metodo, la gestione del cliente è lasciata spesso all’improvvisazione del carattere e dei modi propri del singolo professionista.
Non c’è ambito tanto delicato e tanto complesso come quello di saper costruire e soprattutto, mantenere nel tempo, le relazioni interpersonali. Costruire relazioni è un’arte che si impara e una tecnica che si esercita. E se talento naturale o doti di carattere non sono nel carnet del singolo professionista, è sempre possibile apprendere quei comportamenti e quelle azioni indispensabili e sviluppare un metodo di gestione del rapporto professionista / cliente.
Come in ogni metodo, ci sono delle fasi, e ciascuna delle fasi richiede azioni specifiche sulle quali è possibile migliorare nel tempo la propria performance. Non si tratta quindi della quantità di tempo che si dedica al cliente, quanto piuttosto di fare attenzione alla qualità del tempo dedicato, alla strategia della relazione, studiata in modo mirato sul singolo cliente, avendo chiari gli obiettivi dei contatti interpersonali che avvengono in ciascuna fase.
1° fase: conoscenza del cliente
Fare bene il primo passo. Vale per qualunque approccio umano, anche per quello lavorativo.
È il momento dell’incontro con il cliente, che preferibilmente deve avvenire di presenza, o almeno in forma visiva. Le informazioni che arrivano dalla comunicazione non verbale sono infatti quelle che consentono di comprende il carattere aperto o riservato del cliente, il suo stile comportamentale più o meno confidenziale, semplice o formale. Informazioni di cui il professionista fa tesoro per costruire la comunicazione efficace che accompagnerà lo sviluppo del rapporto.
Non si tratta di emulare il cliente, né di avere mille facce per ogni cliente, ma di comprendere e rispettare, entrare in empatia con la persona che ci affida l’incarico.
Viene poi la comunicazione verbale. Il primo incontro è il momento nel quale contestualizzare l’incarico nella vita complessiva della persona del cliente. Che lavoro fa? Su che valori impronta la propria attività? Che obiettivi ha di mira? Qual è il suo contesto sociale di riferimento? Che interessi intende realizzare nel singolo incarico? Quali particolari della vita privata potrebbero essere d’interesse per svolgere meglio l’incarico? La comunicazione futura sarà impostata in modo inevitabilmente diverso per un cliente che ha figli piccoli e rientra a casa la sera, piuttosto che con un cliente che affronta settimanalmente viaggi di lavoro internazionali.
2° fase: comunicazioni relative all’incarico
La comunicazione che segue il primo incontro e che attiene ai contenuti dell’incarico è sempre più necessaria.
Sono passati i tempi in cui il cliente dormiva sonni tranquilli sapendo di aver messo nelle mani di un esperto i propri affari. La natura delle questioni da affrontare, gli aspetti tecnici e pratici, le evoluzioni nello svolgimento dell’incarico, gli aggiornamenti normativi e le novità giurisprudenziali, vanno comunicati. Il cliente vuole conoscerli, e spesso è in grado di procurarsi informazioni per proprio conto chiedendo a Google. E nella confusione delle molte informazioni sente sempre più spesso il bisogno di un confronto con il proprio professionista.
Curare dunque questo aspetto costruisce fiducia. I modi e gli strumenti sono tanti: dedicare periodiche telefonate per dare aggiornamenti sugli sviluppi della pratica, mandare una newsletter periodica, permettere al cliente di accedere alla propria pratica tramite l’accesso al gestionale.
3° fase: gestione delle criticità del rapporto
Non capita sempre, ma può accadere che il rapporto con il cliente vada incontro a momenti critici e di tensione. Può essere colpa di un risultato intermedio non conseguito, di un’aspettativa delusa, di un ritardo nei tempi di esecuzione dell’incarico. Perfino una telefonata persa, o un semplice fraintendimento di una frase può aprire una crepa nel rapporto. In questi casi, comunicare diventa ancora più importante. Non si tratta di scusarsi sempre, secondo il motto per cui “il cliente ha sempre ragione”. Ma di saper cogliere in anticipo i sintomi di uno scontento, stabilire al più presto un contatto, ascoltare le motivazioni del cliente, chiarire e spiegare le proprie ragioni e quando è necessario impostare in modo concorde con il cliente un cambiamento nella gestione dell’incarico.
4° fase: la relazione economica: notule e pagamenti
La relazione economica può risolversi invece con frequenza in uno dei momenti critici del rapporto con il cliente, e quando insorgono intoppi e fraintendimenti in questa fase, è difficile che si consolidi la relazione fiduciaria che porta a successivi incarichi.
La delicatezza di questa fase impone quindi la massima trasparenza con il cliente, la comunicazione preventiva dei costi e delle spese, la scelta concordata di un piano di pagamento se necessario, l’accordo sui tempi delle richieste delle notule. Il mancato rispetto degli accordi presi da parte del cliente, deve saper essere interpretato dal professionista, che deve prima indagare se l’omesso pagamento è dovuto ad un problema imprevisto del cliente, ad una imprecisione strutturale nel far fronte ai suoi impegni, o piuttosto è dovuto ad una mancanza di volontà.
I rimedi saranno diversi, variando dalla telefonata di cortesia del professionista, alla chiamata garbata di sollecito da parte della segretaria, fino alla lettera di messa in mora.